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    Convivenze più felici con i patrimoni protetti
    Le tutele successorie e patrimoniali nelle convivenze di fatto

    Le recenti riforme del diritto di famiglia (L.76/2016 “Legge Cirinnà”) sono intervenute, dal punto di vista normativo, per rispondere all’innegabile esigenza di disciplinare l’istituto della famiglia oltre quello tradizionale fondato sul matrimonio. Sono stati introdotti nuovi istituti ed in particolare, con il presente contributo, s’intende focalizzare l’attenzione sul modello fondato sulle convivenze di fatto che non prevede in realtà sufficienti tutele in ambito successorio e patrimoniale.

    Definizione

    La convivenza di fatto contempla l’unione di due persone unite da un legale stabile e duraturo e può essere formalizzata con una dichiarazione al Comune di residenza.

    Analisi del patrimonio

    Fin dal momento in cui la relazione potrà ritenersi stabile, sarebbe opportuno e di buon senso che ogni convivente analizzi anche con l’assistenza di un Consulente specializzato in Wealth Planning, il proprio patrimonio sia in termini di valore che per categoria in modo da comprenderne le caratteristiche in termini di detenzione, circolazione e riservatezza.

    Aspetti successori

    Il convivente superstite purtroppo non gode di alcun diritto sull'eredità del partner defunto, tanto che si tratti di successione legittima, quanto di successione necessaria. Tuttalpiù, sarà possibile destinare al convivente superstite, ove nominato nel testamento quale erede, la quota disponibile; vale a dire la quota di eredità di cui il testatore può disporre a piacimento, nel rispetto dei diritti dei legittimari.

    Cosa accade agli acquisti fatti in corso di legame di convivenza

    Tra i conviventi non si instaura il regime di comunione sugli acquisti pertanto ogni partner rimane titolare esclusivo dei beni che acquista. Si segnala in parziale deroga, quanto previsto dall’art. 230-ter c.c. secondo cui al convivente di un titolare di attività d’impresa individuale (ad esempio un commerciante, un artigiano un’attività di servizi e pertanto non può trattarsi di un lavoratore autonomo o di un libero professionista ed escluso quando l’attività è svolta con un veicolo societario), lavorando nell’attività stessa, potrà essere riconosciuta una parte degli utili annuali prodotti, dei beni acquistati con gli utili stessi, nonché l’incremento di valore acquisito dall’azienda, anche grazie al suo lavoro, nel caso in cui si prospettassero opportunità di cessione dell’attività a terzi. Si può trattare di casi frequenti e pertanto si consiglia di stipulare, fin dal momento in cui il convivente inizierà il rapporto di lavoro nell’attività del partner, un accordo in forma scritta, con attribuzione di data certa, in cui disciplinare tutte le condizioni ed aggiornarlo ogni qual volta si renderanno necessarie integrazioni e/o modifiche.

    Quattro strumenti di protezione del patrimonio dei conviventi

    Nonostante le criticità normative che caratterizzano ancora le convivenze di fatto, le stesse sono l’espressione della fluidità del concetto odierno di famiglia e rappresenta la tipologia di legame che interessa sempre più spesso anche conviventi provenienti da precedente matrimonio e/o altre convivenze. Se i rapporti patrimoniali all'interno della coppia restano, di fatto, privi di una specifica regolazione, in caso di rottura del legame, a maggior ragione in presenza di figli, eventuali conflitti e disaccordi possono trascinarsi a lungo con conseguenze anche dolorose. Di seguito si indicano quattro strumenti che possono consentire di regolare il legame di convivenza di fatto dal punto di vista patrimoniale e che i conviventi assistiti da un consulente specializzato in Wealth Planning, potranno decidere di adottare sia singolarmente ovvero in combinazione anche con eventuali altri strumenti, soprattutto se presenti dei family business, al fine di dare protezione e conservazione al proprio patrimonio per il futuro ovvero far rispettare proprie volontà a favore di famigliari e/o terzi:

    1. Il contratto di convivenza

    La coppia di conviventi con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, potrà stipulare un contratto (da trasmettersi all'ufficio anagrafe del comune di residenza), attraverso cui disciplinare le modalità di contribuzione ai bisogni della famiglia, regolare i rapporti e le questioni patrimoniali ma anche definire gli effetti patrimoniali nel caso in cui il rapporto avesse fine. In questo modo, ad esempio, si potrà ottenere la messa in comune dei diritti maturati, e dei beni acquistati durante la convivenza.

    2. Costituzione del diritto di abitazione

    In presenza soprattutto di uno squilibrio patrimoniale tra i conviventi, la concessione del “diritto di abitazione” consentirà al partner superstite di continuare ad abitare l’immobile famigliare a vita ma limitatamente ai propri bisogni. Il diritto di abitazione può costituirsi per testamento o per contratto (per atto pubblico o scrittura privata autenticata), non può essere ceduto, né dato in locazione e non può essere pignorato e non se ne tiene conto nella dichiarazione di successione in quanto diritto strettamente personale del concedente.

    3. Istituzione di vincolo di destinazione

    Con il vincolo di destinazione previsto dall’art. 2645-ter c.c. sarà possibile destinare beni immobili o mobili registrati ad uno scopo meritevole di tutela (ad esempio la tutela dei figli), limitando così l'esposizione dei beni alla responsabilità patrimoniale, apponendo di fatto sugli stessi un vincolo segregativo. Il testamento con vincolo di destinazione (ad esempio sulla casa di proprietà a favore di un figlio, concedendo l'usufrutto al convivente), permetterebbe di apporre un vincolo sul bene, separandolo dalla restante massa patrimoniale e proteggendolo da eventuali aggressioni di terzi.

    4. Istituire un trust

    Mediante l'istituzione di un trust si potrebbero ottenere altrettanto effetti segregativi sui beni a favore del convivente e/o dei figli. Il trust, seppur strumento molto dinamico ed efficace, presenta però un elevato grado di complessità anche gestionale che fa presupporre l’esistenza di un patrimonio piuttosto articolato per composizione e natura e richiede pertanto un adeguato grado di conoscenza dello strumento.

    Conclusione

    La gestione e l’amministrazione della ricchezza sono sempre state centrali nell’evoluzione di una civilizzazione non solo per i propri detentori ma soprattuto per le generazioni future e i legami famigliari ne hanno spesso segnato il destino. L’esperienza professionale insegna che soltanto un’attenta pianificazione patrimoniale non piegherà le relazioni piuttosto rafforzerà i rapporti.

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